Apro ufficialmente la sezione interviste del sito con un collega compositore ed amico: Edoardo Clavenna, che racconterà la sua esperienza con la composizione e con l’idea di libertà che ne deriva.
Grazie mille Edoardo di aver accettato l’invito!

Qual’è il tuo percorso?
Ho iniziato a studiare sassofono a 9 anni nella banda del mio paese, da qui ho proseguito gli studi di sax in civica dove ho studiato pianoforte complementare che mi ha fatto conoscere la polifonia e l’armonia. Fin dalle scuole medie (a indirizzo musicale) usavo Finale per fare trascrizioni e arrangiamenti di brani famosi per banda.

Hai proposto i tuoi arrangiamenti alla banda?
No non è mai successo, sono sempre stato timido e schivo. Oggi mi sono un po’ sbloccato…

E con la composizione?
La passione con la composizione è esplosa grazie al pianoforte quando avevo 17 anni. La prima cosa che ho potuto scoprire era la possibilità della polifonia e dell’armonia, improvvisare e sperimentare. Ho proseguito gli studi di sassofono alla Civica Scuola di Musica Claudio Abbado di Milano e parallelamente ho seguito i corsi di composizione del pre accademico. Dopo il diploma di sassofono nel 2016 ho potuto finalmente iniziare il triennio dopo aver aspettato 2 anni perché non è consentito essere iscritto a 2 trienni contemporaneamente. Ho avuto quindi la possibilità di fare quello che avrei sempre voluto fare anche se con grandi fatiche.

Grandi fatiche?
Non è paragonabile l’impegno richiesto tra il sassofono e la composizione. Quello che faccio ora richiede un impegno superiore. Mentre con il sassofono non è stata una cosa particolarmente complessa, si tratta di essere costanti nello studio, la composizione richiede un investimento di energie notevole […] hai bisogno di molto più tempo per fare queste cose.

La composizione ha cambiato il tuo rapporto con il sassofono?
La composizione ha cambiato molto le cose, ho scoperto nuove sonorità ed effetti che prima non conoscevo e ho una migliore comprensione di quello che sto suonando.

Hai scritto per sassofono?
Mi è capitato di scrivere 2 pezzi, uno per la mia fidanzata e un altro di 6 minuti, scritti durante i primi anni di composizione. Non ricordo nemmeno il titolo […] come spesso capita i primi pezzi che scrivi sembrano ok e dopo qualche anno (ride) ti chiedi come hai potuto scrivere quel passaggio così brutto.

In che modo componi?
Ho un approccio molto intuitivo, mi metto al pianoforte per improvvisare e trovare idee. A volte le idee vengono anche senza il pianoforte in modo semplice anche se i pezzi che scrivo possono non esserlo per difficoltà di esecuzione, chiedo cose molto difficili agli strumentisti. Mi fido molto del mio intuito anche se può essere un arma a doppio taglio. Bisogna fidarsi ma al tempo stesso spingersi un po’ più in la.

Mi racconti di un tuo brano?
L’ultimo che ho scritto è Atlantic Views per ensemble (Fl, Cl, Pno, Vla, Vln, Cello), io i titoli li trovo sempre alla fine, ma volevo fare un esperimento, ibridare la scuola post minimalista americana con quella neo romantica europea. Ci sono sonorità aspre e tese e situazioni più liriche e consonanti, figure ricorrenti e idee musicali dalla vivacità ritmica che si dipana nel cuore del pezzo.
La cosa più importante è il modo di lavorare sul materiale iniziale che mi affascina […] la libertà di scrittura per me è la cosa più importante. Il potersi muovere liberamente tra mondi e linguaggi. Io sono contrario all’idea di rientrare per forza in uno stile, ma questo non significa eliminare il concetto di coerenza o fare collage. La forma e la narrazione devono funzionare al meglio senza dubbio.

Atlantic Views e la libertà di scrivere
La prima pagina di Atlantic Views

Per Atlantic Views sono partito da due accordi di Do minore ai limiti del registro grave e acuto suonati a tutta forza, BAM! Mi sono detto “ vediamo cosa viene fuori”. Poi in verità l’accordo è diventato delle semplici ottave che poi si riempiono e ho trovato l’argomento più importante del pezzo, ovvero il crescendo, il senso di accumulo e lo svuotamento della texture. Ho usato anche la tecnica della riserva scalare, tecnica che permette di non avere gerarchie funzionali, come se fossero modi a trasposizione limitata ma senza l’elemento della geometria di Messiaen. Ho usato questa riserva in modo molto rigido e poi me ne sono progressivamente liberato arrivando ad un episodio quasi jazzistico, come ti dicevo per me la libertà è molto importante e spesso faccio così nei miei pezzi e mi lascio influenzare da quello che sento […] ho usato anche un contrappunto per aumentazione nella seconda sezione del pezzo.
La forma è costituita da 4 sezioni che vengono ripetute. Ogni sezione crea tensione attraverso accumulo e ispessimento per puoi svuotarsi. Questo processo può avvenire in maniera più o meno drastica o intensa e con questo gestisco la narrazione. Ripetere le sezioni è il modo di creare qualcosa di ciclico che ad ogni ripetizione si rinnova.

Quali compositori ti hanno influenzato?
Ce ne sono due, il primo è Einojuhani Rautavaara che ha attraversato l’avanguardia per approdare ad un neo romanticismo tutto suo, in realtà il termine neo romanticismo racchiude compositori diversissimi tra loro, non necessariamente nostalgici del romanticismo, alcuni nemmeno tonali. E’ una parola che non amo molto ma non credo esistano sostituti e dunque la utilizzo. Credo che la chiave per la comprensione del termine sia nel concetto di continuità con il passato che una certa avanguardia ha negato.
L’altro è più recente, Aaron Jay Kernis che nella sua prima produzione era assolutamente eclettico (la musica deve contenere tutto dice in un intervista fatta con Carlo Boccadoro) ed è quello che cerco di fare anche io, comporre libero da condizionamenti. Nel tempo la sua musica sembra convergere verso un unico stile, ma la sua esperienza mi ha colpito molto.

Qual’è il tuo rapporto con la tecnologia?
Io uso spesso carta e matita e il pianoforte. Uso Finale e ho studiato musica elettronica ma è un mondo che sento estraneo, d’altra parte ne capisco le potenzialità, i software ti permettono di fare operazioni di montaggio e di manipolare il materiale in modo complesso con semplicità. Anche questa è un arma a doppio taglio e non sento che fa per me, bisogna conoscere i software in modo approfondita per fare qualcosa di artisticamente rilevante ed è una cosa che non mi stimola. Inoltre usare dei software come Finale durante l’orchestrazione fa perdere immaginazione, credo sia un limite per un compositore.

Cos’è per te un compositore oggi?
Oggi può significare cose molto diverse tra loro, io ho avuto l’impressione di frequentare una facoltà diversa dai miei compagni di corso, è molto personale. Per quanto riguarda la produzione io non sono per la musica autoreferenziale, scrivo un pezzo perché la mia musica sia fruibile, se non a tutti almeno al pubblico della musica classica. Spesso i frequentatori dei concerti di musica contemporanea sono compositori o amici […] c’è un problema di comunicazione e del farsi capire dall’uomo della strada magari grazie ad una parentela con il modo di scrivere della tradizione. Non esiste più un linguaggio stabile ed è difficile che esista, ma l’ascolto deve essere fruibile pur nella libertà individuale. Il compositore dovrebbe agire in maniera tale che la musica sia comprensibile a prescindere dagli studi dell’ascoltatore. Noi comunque ci relazioniamo con la mancanza di educazione musicale che spesso non va oltre il flauto dolce alle scuole medie, se non scriviamo cose comprensibili secondo me non si va da nessuna parte.

Quali consigli daresti a chi vuole intraprendere questo percorso?
innanzitutto non precludersi niente, ne la musica più dura ne quella più moderata. Nel tempo ognuno si fa le sue opinioni ma bisogna essere aperti alle cose. Io all’inizio ero molto rigido e invece ora sto scoprendo cose molto interessanti […] si trovano stimoli inediti e nuovi anche nella popular music.
Non trascurare la composizione storica, si impara tanto e si acquista molta musicalità imitando i grandi.
Bisogna essere preparati psicologicamente a non farsi influenzare troppo dalla negatività quando le cose non riescono o riescono a fatica.
Bisogna essere molto organizzati e preparati allo scoraggiamento, non rimandare esami, mai se possibile.
Non trascurare niente, è facile sottostimare il tempo che serve per scrivere musica.

Grazie Edoardo 
Grazie a te, è stata l’occasione di riflettere su argomenti di cui non si parla così spesso con i colleghi e mi ha aiutato a fare ordine nei pensieri.